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“Il colore del Mediterraneo” è quello dell’umanità

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A San Paolo Albanese mercoledì 30 agosto, ore 21.30 piazza Skanderbeg nell’ambito del programma “AMA – Appennino Mediterraneo Arbëresh”

 “Il colore del Mediterraneo” è una prima nazionale, un nuovo progetto artistico promosso da Fondazione Appennino ETS a dieci anni dalla morte di Nelson Mandela e a sessant’anni dal celebre discorso in cui Martin Luther King manifestava “I have a dream”. Uno spettacolo che anche le immagini si calerà dentro la vita di queste due grandi personalità seguendo il binario di un racconto accompagnato da brani di Lucio Dalla, Dire Straits, Queen, De Gregori, Rino Gaetano e altri.

Un evento, gestito in collaborazione con Basilicata Circuito Musicale, del progetto “AMA” (Appennino Mediterraneo Arbëresh), ideato e realizzato da Fondazione Appennino ETS e condiviso con le amministrazioni comunali di San Paolo Albanese, San Costantino Albanese e Ginestra al fine di salvaguardare il patrimonio culturale intangibile delle comunità arbëreshe.

«Vige ancora – ha dichiarato Mosé Antonio Troiano, sindaco di San Paolo Albanese e capofila del progetto – l’espressione gjaku ynë i shprishur ovvero “il nostro sangue sparso”. La storia degli arbëreshë è la storia di un esodo di intere famiglie. Dedite, inizialmente, quasi solo alla pastorizia, hanno costruito i loro insediamenti, le loro case; hanno segnato, con le loro attività umane, con le loro opere, i luoghi, il paesaggio. Vissuti, per quasi cinque secoli in totale isolamento, gli arbëreshë conservano gli antichi usi e costumi. Nel mantenimento della loro diversità un ruolo fondamentale l’hanno giocato proprio le condizioni di minoranza etnica, di marginalità geografica e di isolamento socioeconomico, cui sono stati destinati, costretti. E noi questa storia vogliamo salvaguardarla non solo perché attraversa i nostri luoghi ma anche perché, in fondo, ricordare e tutelare è un esercizio utile a tutti – ha concluso Troiano – poiché in questo mondo siamo tutti potenziali minoranze».

«È un ribaltamento di prospettiva – ha spiegato Piero Lacorazza, direttore della Fondazione Appennino – che non si chiude nel folklore della tradizione della cultura arbëreshe ma mette in movimento riflessioni che la storia ci consegna. Siamo partiti rileggendo Raffaele Nigro il quale nei libri “Il muro del mare”, “Diario Adriatico” o “La baronessa dell’Olivento”, ha sollecitato uno sguardo verso un orizzonte che incontri la storia e forse anche uno stimolo critico: minoranze etnico-linguistiche la cui salvaguardia è sostenuta da istituzioni pubbliche. Si investono risorse sulla valorizzazione di una storia di un popolo in fuga da una guerra che attraverso l’Adriatico Mediterraneo ha trovato asilo anche in Basilicata. E se calassimo questa scelta nell’attualità, oltre il folklore, nella navigazione della vicenda mediterranea? Ecco perché ha un senso ricordare Mandela e Martin Luther King; sono tanti i colori del mare nostrum che lo bagnano e lo attraversano, le culture e le civiltà che lo hanno navigato. Non c’è un bianco e un nero, il Mediterraneo deve tornare ad essere una culla di pace e di integrazione, di opportunità; il Mediterraneo deve avere – ha concluso Lacorazza – un solo colore, quello dell’umanità».

Lo spettacolo “Il colore del Medterraneo” è messo in scena da Gabriele Zanini (regista e voce narrante), Rocco Fiore (voce e chitarra), Selene Pedicini (violino), Francesco Galizia (pianoforte e sax), Giovanna D’Amato (violoncello) e Michele Ciavarella (percussioni), arrangiamenti di Carlo Putignano.

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