Castello Normanno Svevo di Melfi
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Costruito su un impianto di epoca normanna, voluto da Roberto il Guiscardo, fu ampliato e risistemato da Federico II di Svevia; nel periodo Angioino fu oggetto to di ulteriori sostanziali modifiche all’impianto generale della fabbrica. Le modifiche che trasformano il corpo centrale del castello in palazzo comitale furono opera dei Caracciolo nel XV secolo.
La pianta a poligono irregolare, disposizione e forma delle torri, ai vertici della maglia muraria, evidenziano gli ampi rimaneggiamenti subiti dal complesso.
- Torre dell’orologio o “Baluardo dell’orologio”
- Torre dei cipressi o “Baluardo dello stendardo”
- Torre terrazza o “Torre della Segreteria”
- Torre Ovest o “Baluardo del Lione”
- Torre dei sette venti o “Baluardo dell’Imperatore”
- Torre Nord – Est o “Torre Angioina”
- Torre delle carceri o “Torre di Marcangione”
- Torre Chiesa
- Palazzo Doria sede del Museo Archeologico Nazionale del Melfese
- Palazzo Doria sede del Museo Archeologico Nazionale del Melfese
- Palazzo Doria sede del Museo Archeologico Nazionale del Melfese
- Corpo di Guardia del XVII secolo
- Cappella gentilizia del XVI secolo, della famiglia Doria
- Atrio con lo scalone d’onore del XV – XVI secolo
- Cortile della cisterna o “Cortile dell’Imperatore”
- Cortile ingresso
- Scuderie del XV – XVI secolo
- Cortile dello stallaggio
- Cortile di passaggio
- Spiazzo degli armigeri
- Sala del Trono di epoca angioina
- Torre normanna inglobata nel Palazzo Baronale
- Resti di antica cappella svevo – angioina
- Cortile mortorio
- Spalti esterni al castello
- Bastioni a scarpa verso il fossato
- Scala esterna, protetta da parete con feritoie, collegante gli spalti sotto la “Torre di Marcangione” all’ingresso del castello dalla pusterla della “Torre angioina”
- Ingresso al castello dalla “Porta Carraia”
- Ponte sul fossato (in sostituzione dell’antico ponte levatoio)
- Porte, interne ed esterne, difese da una caditoia.
L’ingresso attuale del Castello si apre verso la città sul versante orientale, aveva ponte levatoio, ora sostituito dall’ultima campata del ponte a tre fornici che supera l’ampio fossato attorno agli spalti. Sulla destra del portale d’ingresso si alza la grande torre pentagonale chiamata torre o baluardo dell’orologio”, punto più avanzato della fortezza verso l’abitato; nel giro esterno degli spalti, verso sinistra, dopo un bastione a torre, si incontra la torre dei cipressi” o “baluardo dello stendardo”, a pianta pentagonale e con feritoie come la precedente; dopo i questa appare la “torre terrazza” o torre segreteria”, a pianta quadrata, più bassa delle altre e con finestre. Dopo un altro tratto di mura si incontra la terza grande torre, a pianta pentagonale, detta Torre ovest” o “baluardo del lione”, alla sommità della quale si vede una struttura a tronco di cono rovesciato che, se secondo leggenda, sarebbe il nido dell’aquila di Federico II di Svevia.
Un altro lungo tratto di bastioni precede la “torre dei sette venti o baluardo dell’imperatore” la quale, quasi isolata, domina dalla parte più inaccessibile del castello, il torrente Melfia; di seguito, dopo un secondo bastione a torre, si incontra la “Torre Nord- Est” o “Torre angioina”, che ha il secondo ingresso al castello con la “pusterla” o “porta di soccorso”, munita di difese interne ed esterne.
Dal bastione esterno alla pusterla una scala in pietra, protetta da uno spalto con feritoie, consentiva ai difensori, nei bastioni dalla “Torre angioina” alla “Torre dell’orologio” di rientrare nel castello da entrambi gli ingressi. Superato il bastione con scala si vede la “torre di Marcangione”, che è l’unica con finestre bifore di grandi dimensioni; poco più avanti è la “Torre chiesa”, il cui nome deriva dalla Cappella Gentilizia dei Doria addossatale nel secolo XVIII secolo.L’ultimo tratto di spalti conduce sotto la torre dell’Orologio.
Dall’ingresso principale della porta carrraia”, racchiusa in un portale bugnano in pietra chiara del XVII secolo, si entra nel cortile d’ingresso dove prospetta il Palazzo Comitale: da un’arcata a sinistra si entra nel “cortile dello stallaggio”, dove furono sistemate le scuderie del XVI secolo.
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Scendendo si arriva al “cortile di passaggio” e, attraversano un portale a sesto acuto in pietra lavica scura, munito di caditoia, si scende nel più basso “spiazzo degli armigeri” nel quale, nella cinta a sinistra, si apre un portale difeso da caditola, che consente di uscire dagli spalti nella parte all’interno delle mura di citta; il secondo portale, a destra conduce nel “cortile mortorio” sul quale domina il corpo di fabbrica angioino che contiene il “salone degli armigeri” al piano rialzato e la “sala del trono” al livello superiore; quest’ultima ha gli accessi dal “cortile dell’Imperatore”, al livello dell’ingresso principale; sotto la superficie del cortile è la grande cisterna.
Quest’ultima parte del castello dovrebbe essere il blocco fatto realizzare nel XIII secolo da Carlo I d’Angiò sotto la guida di Pietro d’Angicourt “protomagister operam curiae”; tale impianto è caratterizzato da un sistema di collegamenti legati al tipo di organizzazione militare francese.
Le modifiche del XVI secolo sono evidenti dopo l’arcata a destra del “cortile d’ingresso”, dove si trovano il portale della cappella gentilizia, un piccolo cortile chiuso da fabbriche comitali e la grande porta che permette di accedere allo scalone d’onore del palazzo comitale e al “cortile dell’ Imperatore”.
Nei locali del castello è il Museo Archeologico Nazionale del Melfese che, tra i reperti più importanti, conserva il “sarcofago di Rapolla”.
Materiale fotografico: PH_Giuseppe Cillis