Itinerari di arte

Itinerari di arte

I nostri borghi veri e propri giacimenti culturali. More »

Itinerari naturali

Itinerari naturali

Un territorio verde ancora incontaminato vera sorgente di benessere More »

 

Scavi archeologici di Serra di Vaglio

Your ads will be inserted here by

Easy Plugin for AdSense.

Please go to the plugin admin page to
Paste your ad code OR
Suppress this ad slot.

Serra di Vaglio: L’abitato
Edifici di grandi dimensioni decorati da terrecotte architettoniche dipinte, ceramiche a figure rosse opera di artisti attici, nonché la poderosa cinta fortificata di età lucana confermano con innegabile evidenza l’alto livello di prosperità economica raggiunta dal centro tra il VI e il IV secolo a.C.

A partire dagli inizi del VI secolo a.C. gli influssi culturali provenienti dalle colonie greche fondate sulla costa ionica determinano la progressiva assunzione da parte dell’aristocrazia locale di ideologie, rituali e manufatti di derivazione ellenica. In tal senso è emblematico il rinvenimento a Braida di Vaglio, sulle pendici orientali del colle, di un monumentale edificio, caratterizzato da fondazioni in muratura e da una decorazione architettonica in terracotta dipinta. Queste lastre, che dovevano rivestire le parti sporgenti della struttura lignea del tetto, sono decorate a stampo, oltre che da motivi geometrici, da una scena figurata che ritrae un duello tra due guerrieri armati di lancia, scudo ed elmo, secondo il costume degli opliti greci, seguiti ciascuno da un palafreniere che conduce due cavalli affiancati. La scena, di chiara ispirazione greca, testimonia la volontà dell’aristocrazia indigena di rifarsi agli ideali “eroici” della tradizione omerica, come segno di distinzione sociale, e consente di identificare l’edificio come probabile residenza di un gruppo aristocratico locale e come punto di aggregazione della comunità stanziata sul pianoro.

La progressiva adozione di elementi culturali ellenici si evidenzia nel corso del V secolo a.C. nella comparsa tra i materiali archeologici scoperti nell’abitato di ceramiche d’importazione greca di straordinario livello qualitativo, come nel caso del frammentario cratere attico a figure rosse, attribuito al pittore di Talos, che raffigura le nozze tra Elena e Teseo alla presenza di Leda, madre della sposa e Poseidone, padre dello sposo. La conquista della zona ad opera dei lucani all’inizio del IV secolo a.C. e la necessità di un apparato difensivo contro gli attacchi esterni determinano la costruzione di una possente cerchia di mura che cinge il pianoro su tre lati per una lunghezza di circa due km e mezzo.

La fortificazione osco lucana costituita dalla cinta muraria realizzata con grandi blocchi squadrati, realizzata nel momento di massima tensione con i colono greci IV secolo a.C. 

Lo straordinario sforzo compiuto dalla comunità per la realizzazione di quest’opera è testimoniato dall’eccezionale rinvenimento tra i blocchi impiegati nella mura, di iscrizioni in alfabeto e lingua greca che documentano come la costruzione dell’impianto difensivo sia avvenuta “sotto il comando di Nummelos”, probabilmente un capo lucano, eletto dalla popolazione per far fronte a una situazione di pericolo.

Your ads will be inserted here by

Easy Plugin for AdSense.

Please go to the plugin admin page to
Paste your ad code OR
Suppress this ad slot.

Serra di Vaglio: Ostentazione di ricchezza e speranza di salvezza ultraterrena

Le ricche tombe ritrovate sono espressione non solo delle credenze funerarie, ma anche del potere delle aristocrazie indigene che ostentavano nel momento e nei riti legati alla morte il loro status sociale.

Le indagini archeologiche sul pianoro della Serra hanno portato al rinvenimento di numerose tombe dell’VIII e soprattutto del VII secolo a.C. poste accanto alle capanne. Si tratta di sepolture in fosse scavate nella terra, circondate da un circolo di pietre, entro il quale il defunto, successivamente coperto da un piccolo tumulo di pietre e terra, era deposto in posizione rannicchiata (in ricordo della posizione del feto all’interno del grembo materno), secondo il costume tipico delle genti indigene della Basilicata settentrionale. A partire dal VI secolo a.C. il sopraggiungere di modelli culturali greci provenienti dalle colonie della costa ionica determina un radicale cambiamento nel costume funerario indigeno, con l’uso di necropoli fuori dal centro abitato e la comparsa di sepolture “regali”, caratterizzate da una straordinaria ricchezza materiale e dalla presenza di oggetti simbolici legati a una speranza di vita ultraterrena.
Le ricche tombe rinvenute negli scavi eseguiti a Braida di Vaglio hanno rivelato sepolture di “principi” guerrieri, deposti insieme ad armi e armature proprie degli opliti greci, e a pettorali e maschere per cavallo.

Elmo di tipo greco e maschera per il muso del cavallo da una tomba principesca.

Accanto a queste figure maschili che richiamano gli “eroi” ritratti nelle “lastre dei cavalieri” rinvenute proprio a Braida, impressiona per la sua magnificenza la sepoltura della cosiddetta “principessa” bambina, una bimba di 6 -7 anni che porta i preziosi ornamenti che avrebbe dovuto indossare nel momento delle nozze: sul petto collane costituite di ambra lavorata e sulla fronte uno splendido diadema in lamina d’oro decorato da figure di animali, opera di artisti greci della costa ionica.

Corredo funerario della “principessa bambina”, collana di ambra lavorata e sulla fronte uno splendido diadema in lamina d’oro decorato da figure di animali.

Eccezionale è la tomba di incinerazione di una fanciulla databile alla fine del V secolo a.C. rinvenuta nel 1990, collocata sotto il pavimento di una grande casa, come avviene per le tombe di bambini. Al suo interno erano stati deposti numerosi oggetti simbolici, alcuni dei quali legati al culto di Dioniso, come una pantera in terracotta, una bambola, e la piccola brocca per il vino (chous), che nelle feste ateniesi delle Anthesterie veniva donata ai bambini che avevano compiuto tre anni, per sancire il loro ingresso nella società. Alla vittoria sulla morte rimanda il mito di Eos, dea dell’Aurora e “portatrice di luce”, che rapisce Kephalos, il giovane amato dalla dea raffigurato su un cratere a figure rosse. L’immagine che allude alla speranza di una nuova vita oltre la morte testimonia i contatti con la dottrina filosofica della scuola di Pitagora, attiva a Metaponto alla quale secondo le fonti antiche anche le élities lucane avrebbero aderito.

Bambolina snodabile e pantera in terracotta dalla tomba a incinerazione di una bambina.